LA CASA DOVE TUTTI
VORREBBERO VIVERE
Nella comunità siamo come stelle nel firmamento. Chiamate a diffondere luce nella notte. A indicare una strada, semplicemente percorrendola. “Egli le chiama e rispondono: ‘Eccoci!’ e brillano di gioia per colui che le ha create” (Baruc 3,35). La vita domenicana è brillare di gioia per Dio. È risplendere della sua luce, riflessa sul volto di chi lo cerca: “Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12). Non possiamo fare l’abitudine al dolore di tanti fratelli. L’odio spezza sogni di vita, priva della speranza, annienta famiglie, diffonde angoscia e paura. La guerra semina morte e disperazione. In questo tempo di dolore, la nostra vita domenicana diventa più che mai un segno di speranza e un seme di unità. Un seme piccolo! Ma Dio ama far crescere il suo Regno attraverso ciò che è apparentemente insignificante.
Al cuore del carisma domenicano, sta la fraternità. E vivere insieme è la nostra barriera contro il male che è nel mondo. È una vera e propria forma di obiezione di coscienza. La vita in monastero, infatti, è la nostra attiva partecipazione alla faticosa conquista della pace dei popoli. Non basta, però, vivere insieme. Bisogna unire i cuori. E proprio a questo ci invita il primo punto della nostra Regola: “Il motivo principale per il quale siete riunite insieme è che viviate unanimi nella casa e formiate un cuor solo ed un’anima sola protesa verso Dio” (Regola di S. Agostino).
Il capitolo è l’assemblea delle monache professe solenni del monastero. Al capitolo spettano tutte le decisioni più importanti della comunità. È il luogo del dialogo, del confronto. È il momento in cui ognuna è protagonista nella ricerca comune del vero, del buono e del bello. Il capitolo, però, non è solo un “tempo” e un “luogo” di decisioni pratiche. Piuttosto, è un’esperienza di profonda spiritualità, poiché è lì che impariamo a vivere nella concretezza ciò che celebriamo in coro: la nostra unità e il nostro cammino comune in Cristo-Via, verso il Padre-Verità. Inoltre, il capitolo è uno dei momenti di vita comunitaria in cui ognuna di noi può costruire la comunione. Nel capitolo facciamo, insieme, tutte quelle scelte che, una volta fatte, saranno oggetto di obbedienza da parte di tutte.
Nel prendere decisioni, non ci accontentiamo della maggioranza: cerchiamo, piuttosto, l’unanimità, perché tutte possiamo essere davvero contente e pienamente partecipi del cammino. Nella ricerca di una via da seguire, attraverso il dialogo fraterno, potremmo essere convinte, talvolta, di avere grandi intuizioni personali e voler trascinare la comunità verso la nostra opzione, anche se magari vediamo che tutte le altre vanno in un’altra direzione. Che per noi è forse meno santa, meno giusta, meno opportuna. Eppure è la via che Dio ci sta indicando. Vivere la comunione è scorgere in questa comune intuizione la luce dello Spirito, che conduce tutte laddove io, forse, in quel momento non vorrei andare, ma dove c’è la vita. La Sua vita. Il capitolo, in definitiva, è il Cenacolo in cui lo Spirito ci raggiunge, ci parla, ci illumina e ci unifica. È il luogo in cui abbiamo l’opportunità di vivere la profonda libertà del dono reciproco delle intuizioni, della correzione fraterna e di quella storia di amore che Dio costruisce con la nostra comunità. Quando siamo riunite insieme, è allora che Dio, misteriosamente, ci comunica le sue vie.
La “comunione di vita” è qualcosa di estremamente serio e meraviglioso. È diverso dalla semplice “vita comune”! Si può vivere fisicamente insieme ed essere del tutto separati. La comunione di vita, invece, non è un’esperienza solo “umana”: è entrare in Dio e vivere alla maniera della Trinità. Dove ognuno dei Tre, Padre, Figlio e Spirito Santo, si fa “nulla”, per accogliere il dono dell’altro. E nel “farsi altro”, ritrova anche la propria vera identità. La comunione di vita, allora, si attinge solo da Dio. Nasce dal contatto con Lui ed è “fare spazio” all’altro. È costruire una casa dove ognuno stia bene. Perché la “vita nello Spirito” è una vita bella e desiderabile!
“Comunione di vita” è fare spazio ai doni di ognuna, ma per il bene di tutte. Non si entra in comunità per fare carriera. L’Ordine non deve essere il trampolino di lancio della mia persona, ma la mia persona può e deve promuovere l’Ordine, perché il carisma è un dono per la Chiesa e per il mondo: sono chiamata, insieme alle mie sorelle, a renderlo vivo e a diffonderne la gioia. E se la comunità valorizza i doni di ognuna, questo rafforza l’unità, la comunione e moltiplica la letizia.
Il monastero è la “casa della predicazione”. È il luogo in cui il vangelo sarà “leggibile” per tutti, perché scritto nelle nostre vite. L’Ordine deve essere quella casa accogliente dove tutti vorrebbero vivere. Ma guai alle isole felici! Dopo la Pentecoste, gli apostoli furono mandati dal Signore a predicare il vangelo (cfr. Gv 20,21- 22; At 1,8). Domenico disperse ben presto i suoi frati, mandandoli a predicare a due a due perché, diceva, “il grano ammucchiato marcisce”! La nostra comunione di vita deve sempre abbracciare il mondo intero. Così, porterà frutto anche altrove. In caso contrario, sarebbe solo una sottile forma di profondo egoismo. La vittoria sulle guerre del mondo, allora, nasce in comunità. Nei nostri pensieri, nelle parole, nei gesti. Quando faccio il primo passo con la mia sorella, forse un bambino sfugge alla morte, in Ukraina. O una famiglia si salva a Gaza. Siamo un unico Corpo e, nel Signore, possiamo custodirci a vicenda oltre ogni distanza di spazio e tempo. La vita domenicana è dono di bellezza, di libertà, di leggerezza. La grazia, infatti, ci fa entrare in Dio, che è bellezza, vita, luce. Ci fa capaci di donare a ognuno la carezza di Dio. Una carezza che non si impone ma, solo, si dona. Fa sentire agli altri che sono amati. E li attrae con la forza travolgente e irresistibile della libertà. Siamo, infatti, per vocazione, predicatori della grazia. Cooperatori della libertà e della gioia dei nostri fratelli e delle nostre sorelle.
- Mirella Caterina op
Piccole-Luci-2014-02.pdf